La Giornata Nazionale del Braille si celebra in Italia il 21 febbraio di ogni anno. È una ricorrenza che riconosce il gran valore del sistema di scrittura Braille per le persone cieche e ipovedenti, e ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’ inclusione.
Il sistema Braille prende il nome da Louis Braille, nato a Coupvray in Francia nel 1809. All’età di tre anni, un incidente nella bottega del padre gli causò una grave infezione agli occhi che lo rese completamente cieco. A dieci anni fu ammesso all’Istituto Reale per Giovani Ciechi di Parigi, una delle prime scuole per ragazzi non vedenti fondata da Valentin Haüy.
Durante il suo percorso educativo, Louis venne a conoscenza di un sistema di scrittura tattile creato dall’ufficiale Charles Barbier de La Serre, denominato “scrittura notturna”. Questo metodo permetteva ai soldati di leggere messaggi al buio tramite punti in rilievo, ma si basava su dodici punti (due colonne di sei) e risultava macchinoso da utilizzare.
Louis Braille ebbe l’intuizione di semplificare il codice, riducendo i segni tattili a una cella di sei punti. La sua configurazione si rivelò sufficiente per rappresentare in modo combinatorio tutte le lettere dell’alfabeto e altri caratteri. Nel 1825, all’età di soli 16 anni, Louis completò il suo sistema di scrittura e lettura tattile. Pochi anni dopo, nel 1829, pubblicò il “Procedimento per scrivere le parole, la musica e il canto corale per mezzo di punti in rilievo”, l’opera che presentava ufficialmente il nuovo alfabeto per ciechi da lui inventato.
Braille non si limitò alle lettere: nel suo metodo incluse la notazione musicale per consentire ai musicisti ciechi di leggere e scrivere spartiti. Successivamente furono sviluppate estensioni per numeri, formule matematiche e scientifiche.
L’adozione del sistema Braille incontrò resistenze iniziali. Il direttore dell’istituto per ciechi di Parigi proibì agli studenti di usare il codice, considerandolo una crittografia segreta incomprensibile ai vedenti. Il riconoscimento ufficiale arrivò solo dopo la morte di Louis Braille, avvenuta nel 1852.
La prima opera in Braille fu stampata nel 1850. Una tappa fondamentale nella diffusione del sistema fu il Congresso Universale per il miglioramento della condizione dei ciechi (Parigi, 1878), dove si decise di adottare a livello internazionale il Braille come metodo di lettura e scrittura per non vedenti, basato sulla cella di sei punti originaria.
Da quel momento, il Braille conobbe una diffusione mondiale: negli Stati Uniti fu adottato nel 1917, nel 1929 fu riconosciuta una notazione musicale Braille uniforme e nel 1949 l’UNESCO promosse l’unificazione dei vari codici Braille nei diversi alfabeti, incluse lingue orientali e dialetti africani.
Louis Braille fu onorato postumo con monumenti e, nel 1952 (centenario della morte), le sue spoglie furono traslate nel Pantheon di Parigi tra i “grandi” di Francia.
L’invenzione del Braille fu una svolta epocale. Per la prima volta, le persone con disabilità visiva poterono accedere alla lettura e alla scrittura in autonomia. Ciò ebbe un impatto rivoluzionario: i ciechi passarono dall’essere considerati oggetto di carità a diventare soggetti partecipi della cultura, dell’istruzione, del lavoro e pienamente inseriti nella società. Il Braille diede dignità e voce alle persone non vedenti, aprendo loro le porte del sapere e della vita civile.
La Giornata Nazionale del Braille e il suo significato
In Italia, per riconoscere l’importanza di questo sistema rivoluzionario, è stata istituita la Giornata Nazionale del Braille. Questa ricorrenza nacque ufficialmente con la Legge n. 126 del 3 agosto 2007, che ne fissò la celebrazione il 21 febbraio di ogni anno. La scelta della data coincide con la Giornata internazionale della lingua madre promossa dall’UNESCO, a sottolineare simbolicamente che il Braille è lo strumento che permette alle persone cieche di accedere al patrimonio linguistico e culturale scritto dell’umanità.
Pur essendo annoverata tra le solennità civili in Italia, la Giornata Nazionale del Braille non comporta chiusure o festività sul piano lavorativo-scolastico, ma possiede un enorme valore educativo e sociale. Lo scopo principale di questa giornata è sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della cecità e sull’importanza del sistema Braille nella vita quotidiana di chi non vede.
La legge istitutiva incoraggia pubbliche amministrazioni, enti e associazioni a organizzare iniziative, studi, convegni, incontri nelle scuole e interventi sui mass media per richiamare l’attenzione sull’importanza che il Braille riveste nella vita delle persone non vedenti. L’obiettivo è promuovere politiche e comportamenti che favoriscano una reale inclusione sociale e l’accesso alla cultura e all’informazione per tutti coloro che hanno disabilità visive. Leggere e scrivere in Braille significa, per una persona cieca, poter studiare, informarsi, lavorare e partecipare attivamente alla società alla pari degli altri.
Questa ricorrenza è promossa principalmente dalle organizzazioni che rappresentano i ciechi e ipovedenti. Ogni anno l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (UICI), insieme ad enti come il Club Italiano del Braille e in collaborazione con le amministrazioni locali, organizza eventi in tutta la nazione. Si tengono convegni, seminari, manifestazioni nelle scuole, articoli e interviste sui media, spesso con il patrocinio di istituzioni pubbliche.
In occasione della Giornata Nazionale del Braille vengono frequentemente realizzati incontri nelle città in cui esperti, educatori e persone non vedenti condividono esperienze e buone pratiche, oppure vengono conferiti riconoscimenti (come il Premio Braille) a chi contribuisce alla diffusione del Braille. Tutte queste attività hanno la finalità di informare e ribadire che il Braille continua a essere un elemento essenziale per la formazione culturale e l’autonomia delle persone cieche in ogni fase della vita.
Per la comunità dei non vedenti e ipovedenti, il 21 febbraio è un giorno importante di orgoglio e rivendicazione positiva: un’occasione per far conoscere al grande pubblico i risultati raggiunti grazie al Braille e le sfide ancora aperte per una piena inclusione.
Il ruolo del Braille oggi
A oltre due secoli dalla sua invenzione, il Braille resta centrale nella vita quotidiana di moltissime persone cieche e ipovedenti. Il Braille è oggi un sistema di scrittura e lettura diffuso in tutto il mondo e adattato a centinaia di lingue. Sono state sviluppate trasposizioni in Braille per oltre 285 lingue diverse, dall’italiano all’inglese, fino a lingue orientali e dialetti locali.
Questa versatilità linguistica testimonia la vitalità del codice Braille: ovunque nel mondo ci siano persone non vedenti, esiste la possibilità di leggere e scrivere nella propria lingua attraverso i sei puntini in rilievo. Il Braille non è una lingua in sé, ma un alfabeto tattile universale che può rappresentare le lettere, i numeri e i segni di quasi qualsiasi lingua scritta. Ciò lo rende uno strumento straordinariamente flessibile: oggi viene usato per ogni genere di testo, dai romanzi ai libri di testo scolastici, dalle etichette in farmacia alle ricette di cucina, fino alle lettere personali. Praticamente qualunque contenuto scritto può essere reso accessibile in Braille.
Il Braille rimane, ancora oggi, il metodo più efficace e completo per permettere a chi non può usare la vista di leggere e scrivere in maniera autonoma. La combinazione di sei punti a rilievo entro una piccola cella – grande più o meno quanto il polpastrello di un dito – consente di rappresentare con il tatto lettere, punteggiatura, simboli matematici, note musicali e formule scientifiche. Nessun altro sistema ha mai eguagliato il Braille in termini di completezza e immediatezza per la lettura tattile.
Sebbene oggi esistano tecnologie assistive vocali avanzate, la lettura attraverso il Braille offre un’esperienza cognitiva diversa e complementare rispetto all’ascolto: toccare con mano i simboli consente di interiorizzare meglio l’ortografia, la struttura delle frasi e i dettagli testuali che l’audio può far sfuggire. Per molti non vedenti, far scorrere i polpastrelli su una pagina in Braille equivale, in termini di coinvolgimento mentale, a ciò che per i vedenti è leggere un testo a stampa.
Il Braille viene generalmente insegnato sin dall’infanzia alle bambine e ai bambini ciechi, appena iniziano il percorso scolastico. In Italia l’istruzione inclusiva prevede che gli alunni non vedenti frequentino la scuola comune, affiancati da insegnanti di sostegno specializzati nella didattica per disabili visivi (tiflologi). Questi docenti, insieme ai centri di consulenza tiflodidattica territoriali, si occupano di introdurre il Braille, spesso già nella scuola dell’infanzia o primaria, in parallelo alle altre attività didattiche. L’apprendimento del Braille in tenera età avviene in modo naturale, analogamente a come i coetanei vedenti imparano a leggere e scrivere l’alfabeto nero.
Va detto che non tutti gli alunni con disabilità visiva seguono questo percorso: chi ha un residuo visivo utile talvolta viene orientato verso altri strumenti (ad esempio la stampa a caratteri ingranditi o dispositivi elettronici con sintesi vocale). Negli ultimi anni, con la diffusione di tecnologie come gli screen reader e gli audiolibri, si è registrato un calo del ricorso al Braille in alcuni contesti educativi. In Italia si stima che solo tra il 5% e il 10% degli studenti con disabilità visiva apprendano il Braille all’interno del loro percorso scolastico, preferendo molti l’uso di supporti audio o digitali.
Questo dato riflette in parte la presenza di difficoltà oggettive: mancano ancora insegnanti sufficientemente formati sul Braille in tutte le scuole e i materiali didattici in Braille non sempre sono immediatamente disponibili in formato cartaceo o digitale per ogni testo. Le istituzioni e le associazioni di settore – prima fra tutte la già citata UICI – lavorano attivamente per promuovere e diffondere l’insegnamento del Braille, affiancandolo alle nuove tecnologie.
Grazie alla digitalizzazione, oggi molti libri di testo vengono trascritti in Braille più velocemente di un tempo e stampati presso strutture specializzate (come la Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita” di Monza, che è il centro nazionale per la produzione di libri Braille). Esistono corsi di Braille per adulti che perdono la vista in età avanzata, affinché anche chi diventa non vedente nel corso della vita possa imparare a leggere e scrivere di nuovo tramite il tatto.
Il Braille nel 2025: tra tecnologia e intelligenza artificiale
Con l’avvento di nuove tecnologie – come sintesi vocali evolute, intelligenza artificiale e dispositivi smart – il panorama dell’accessibilità per i non vedenti si è ampliato. Oggi uno smartphone può leggere ad alta voce un messaggio o un libro, esistono assistenti vocali in grado di rispondere a domande, e gli audio libri e i podcast rendono molti contenuti fruibili attraverso l’udito. Alla luce di questi progressi, viene naturale chiedersi: nel 2025 il Braille è ancora essenziale oppure le nuove tecnologie lo hanno reso superfluo?
È importante chiarire subito che ritenere il Braille obsoleto a causa della diffusione di audio e voce artificiale è un’idea sbagliata e comune che non trova riscontro nella realtà. Sebbene oggi i contenuti audio (dalle sintesi vocali ai libri parlati) siano utilissimi e molto diffusi, essi non possono sostituire completamente la lettura e scrittura tramite Braille. Al contrario, Braille e tecnologie moderne cooperano tra loro, offrendo alle persone non vedenti un ventaglio più ampio di possibilità.
Come ha spiegato Lars Bosselmann, direttore dell’Unione Europea dei Ciechi, il Braille rimane uno strumento su cui moltissime persone con disabilità visiva fanno affidamento quotidianamente, ed è ormai pienamente integrato nei dispositivi digitali: ad esempio, esistono display Braille elettronici che si collegano a computer o smartphone e traducono in tempo reale sullo schermo tattile ciò che compare visualmente. In pratica, un non vedente può usare un telefono cellulare o un PC sia ascoltando la voce sintetica sia leggendo con le dita su una barra Braille collegata via Bluetooth o USB. Questo significa che le innovazioni tecnologiche non eliminano il Braille, ma lo portano in nuovi contesti: oggi è possibile leggere in Braille email, siti web, documenti digitali e qualunque contenuto elettronico, cosa impensabile qualche decennio fa.
Le associazioni e gli esperti del settore affermano che le nuove tecnologie non sono “nemiche” del Braille, bensì alleate se usate in modo complementare. Franco Lisi, direttore scientifico dell’Istituto dei Ciechi di Milano, ha evidenziato come la “tecnologia buona e amichevole” non abbia penalizzato il Braille né intaccato le potenzialità di integrazione sociale dei non vedenti. Il mondo digitale rappresenta un’opportunità di rilancio per l’alfabeto tattile, ampliandone l’uso. Grazie ai dispositivi informatici, oggi un ragazzo cieco può accedere a un intero universo di informazioni e letteratura: giornali online, e-book, enciclopedie e social network possono diventare a portata di mano attraverso uno schermo Braille collegato a Internet.
C’è consenso sul fatto che l’ascolto tramite sintesi vocale non basta da solo per garantire un’alfabetizzazione completa. La lettura tattile approfondita è insostituibile in molti ambiti. Fin dalla scuola primaria, i bambini hanno bisogno di confrontarsi con il testo scritto per padroneggiare l’ortografia e la grammatica della lingua. Per apprendere una lingua straniera non è sufficiente ascoltarla: è fondamentale capire come sono scritte le parole, riconoscere le lettere e la costruzione della frase. Tutto ciò è possibile solo attraverso il Braille.
Come osserva Giovanni Laiolo (presidente UICI di Torino), dire a un ragazzo cieco che può fare a meno del Braille significa privarlo di uno strumento cognitivo di fondamentale importanza, negandogli un’opportunità di inclusione e autonomia che non ha eguali. Se ci si affidasse unicamente all’audio, si rischierebbe di avere persone non vedenti informate, ma meno alfabetizzate in senso stretto. Il codice Braille resta dunque un pilastro insostituibile nel percorso formativo e cognitivo di chi non vede.
Guardando al futuro prossimo, possiamo immaginare un panorama in cui Braille e intelligenza artificiale convivono in armonia. Le tecnologie AI potranno rendere più agevole produrre testi in Braille (ad esempio convertendo automaticamente documenti e siti web in formati tattili) e migliorare l’accessibilità generale, ma difficilmente potranno rimpiazzare la lettura tattile laddove essa è insostituibile.
I principali documenti internazionali sui diritti delle persone con disabilità riconoscono esplicitamente l’importanza del Braille: la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità considera il Braille essenziale per l’istruzione, la libertà di espressione, l’accesso alle informazioni e l’inclusione sociale. Anche l’ONU ha istituito una sua Giornata Mondiale del Braille (il 4 gennaio, data di nascita di Louis Braille) a partire dal 2019, a testimonianza che a livello globale c’è consapevolezza sull’attualità di questo strumento.
Le prospettive future vedono quindi il Braille affiancato – ma non rimpiazzato – dalle innovazioni tecnologiche. Le soluzioni migliori in termini di accessibilità combinano spesso audio e Braille: ad esempio, uno screen reader moderno può contemporaneamente leggere a voce il contenuto di uno schermo e trascriverlo su un display Braille refreshable, lasciando all’utente la scelta di ascoltare, leggere col tatto, o entrambe le cose.
Sul fronte educativo, l’approccio più efficace è quello integrato: fornire ai ragazzi ciechi sia gli strumenti tecnologici sia l’alfabeto tattile. L’UICI evidenzia la necessità di una didattica “a tutto campo” che includa il Braille insieme alle nuove tecnologie, poiché si tratta di strumenti compatibili e sinergici. Con le possibilità oggi disponibili – impensabili solo vent’anni fa – il mondo della conoscenza è molto più accessibile per chi non vede, e abbiamo motivo di sperare che il futuro sarà ancora più inclusivo.
Affinché queste speranze si realizzino, è fondamentale continuare a investire nella formazione e nell’educazione: gli strumenti, da soli, non bastano, serve garantire alle persone non vedenti l’opportunità di apprendere il Braille e di acquisire competenze digitali con impegno quotidiano e percorsi formativi adeguati. In definitiva, nel 2025 e oltre, il Braille resta essenziale e vivo, evolvendosi insieme alla tecnologia per abbattere sempre nuove barriere.
Aspetti culturali, sociali e testimonianze
L’impatto del Braille va ben oltre l’ambito tecnico della lettura: esso ha profondi risvolti culturali e sociali, legati all’inclusione delle persone con disabilità visiva nella vita quotidiana, nell’educazione e nel lavoro. L’UICI afferma che «Il Braille è tuttora condizione essenziale, per le persone non vedenti, di una piena autonomia e di un’efficace integrazione nel tessuto sociale, scolastico, lavorativo e culturale».
Nella vita quotidiana, il Braille consente alle persone cieche di svolgere attività in autonomia che altrimenti richiederebbero l’aiuto di un vedente. Leggere le etichette dei prodotti al supermercato, identificare il nome di un farmaco e il relativo dosaggio, distinguere il proprio flacone di shampoo da quello del detersivo: sono azioni rese possibili dalla presenza di scritte in Braille sulle confezioni.
In Europa, da alcuni anni è obbligatorio riportare in Braille il nome dei medicinali sulle scatole, per garantire sicurezza e indipendenza agli utenti non vedenti. La mancanza di informazioni accessibili può compromettere l’autonomia: una persona cieca che non può leggere la propria busta paga, una bolletta o un referto medico si trova in seria difficoltà. Il Braille assicura che queste informazioni essenziali possano essere fruite senza intermediari.
Oggi troviamo il Braille in molti contesti: sui tasti degli ascensori e dei bancomat, nelle mappe tattili in alcune città o musei, sulle porte degli alberghi per indicare il numero di stanza. Questi accorgimenti favoriscono l’inclusione perché permettono a una persona cieca di muoversi e interagire con l’ambiente con maggiore disinvoltura.
Nell’istruzione, l’avvento del Braille nel XIX secolo cambiò radicalmente le prospettive per le persone cieche. Prima di allora, i non vedenti non avevano alcuna possibilità di leggere o scrivere autonomamente; potevano apprendere solo ascoltando qualcuno che leggesse per loro. Con il Braille, i bambini ciechi poterono imparare l’alfabeto, leggere libri, fare esercizi di aritmetica e prendere appunti da soli.
Questo portò alla nascita della tiflopedagogia – una didattica specifica per gli studenti con disabilità visiva. Nel corso del Novecento, grazie al Braille, generazioni di bambini e giovani non vedenti hanno frequentato la scuola, dalle elementari fino all’università, studiando su testi di ogni materia.
Oggi, uno studente cieco può laurearsi in legge, in lingue, in informatica o in qualsiasi altra disciplina accademica disponendo del materiale di studio in Braille o in formati accessibili equivalenti. Durante le lezioni, può prendere appunti con una dattilobraille oppure con un computer portatile dotato di barra Braille.
Nel lavoro, l’alfabetizzazione garantita dal Braille ha permesso alle persone cieche di accedere a numerose professioni. In passato, i pochi lavori aperti ai non vedenti erano quelli manuali o ripetitivi, spesso confinati in laboratori protetti. Oggi troviamo persone non vedenti impiegate in una varietà di ruoli qualificati: insegnanti, centralinisti, fisioterapisti, avvocati, musicisti, programmatori informatici, operatori nel settore pubblico.
Generazioni di lavoratori non vedenti hanno potuto formarsi e conseguire titoli di studio grazie al Braille, utilizzandolo poi quotidianamente nello svolgimento della propria professione. Un musicista cieco studia gli spartiti in Braille musicale; un avvocato non vedente può leggere testi di legge e prendere appunti tramite un display Braille; un programmatore può scrivere e leggere codice su una riga Braille del computer.
Nella cultura e nella vita sociale, il Braille ha favorito la partecipazione piena delle persone cieche. Ha consentito la nascita di una ricca produzione letteraria e artistica da parte di autori e studiosi non vedenti, i quali hanno potuto scrivere libri, poesie, saggi utilizzando il Braille per stendere i propri manoscritti.
Ha permesso ai lettori non vedenti di accedere ai grandi classici della letteratura, ai quotidiani, alla musica scritta. Molte biblioteche hanno sezioni Braille o servizi di stampa su richiesta per utenti ciechi, e alcune case editrici specializzate producono versioni in Braille di libri e riviste.
Sul piano sociale, il Braille ha anche un valore simbolico: è il segno tangibile che la società riconosce il diritto di tutti all’informazione e alla comunicazione. Vedere cartelli in Braille in un edificio pubblico o su un monumento significa affermare che anche il cittadino non vedente è benvenuto e considerato.
A supportare queste considerazioni ci sono sia i dati che le testimonianze dirette di chi utilizza il Braille. Abbiamo già citato il dato secondo cui solo il 5-10% degli studenti con disabilità visiva in Italia oggi apprende il Braille durante il suo percorso educativo. Questo trend è influenzato dall’ampia disponibilità di tecnologie assistive vocali, che talvolta fanno percepire il Braille come opzionale.
Giovanni Laiolo (UICI Torino) ha condiviso questa riflessione: «il solo dato sonoro, pur utilissimo, non è sufficiente alla conoscenza profonda della realtà… Ecco perché il Codice Braille ha un ruolo insostituibile nel percorso formativo. Dire a un ragazzo cieco che può fare a meno del Braille significa privarlo di uno strumento cognitivo di fondamentale importanza».
Flavia Tozzi (presidente UICI Cremona) e altri esponenti della comunità cieca sottolineano che oggi un non vedente ha bisogno sia del Braille che delle nuove tecnologie: non c’è contrapposizione, ma un arricchimento reciproco. L’inclusione reale si ottiene mettendo a disposizione tutti gli strumenti possibili.
Molte storie personali evidenziano come il Braille sia percepito da chi lo usa non solo come un mezzo pratico, ma come parte della propria identità e libertà. C’è chi racconta l’emozione di aver letto in Braille il proprio diploma di laurea o la lettera di un amico, chi ricorda la conquista di poter tenere un diario segreto scritto con i puntini. Una non vedente ha dichiarato: “Il Braille per me è come la luce: mi illumina la mente. Senza, vivrei nell’oscurità dell’ignoranza”.
Dalla Giornata Nazionale del Braille emergono con chiarezza due messaggi: il Braille è vivo, attuale e fondamentale, non solo per ricordare una grande invenzione del passato, ma per garantire un presente e un futuro di pari opportunità alle persone cieche e ipovedenti; il Braille è parte di un quadro più ampio di strumenti e azioni per l’inclusione, un quadro in cui la tecnologia gioca un ruolo crescente, ma dove la base resta la capacità di leggere e scrivere. Come recita uno slogan associato a questa ricorrenza: “Il Braille è la voce delle dita”, una voce che dobbiamo continuare ad ascoltare e valorizzare, perché racconta la storia di un’inclusione possibile e di una società davvero per tutti.
Fonti (Bibliografia e Sitografia)
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Legge 3 agosto 2007, n. 126 – Gazzetta Ufficiale
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UNESCO – Sito ufficiale
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Wikipedia: “Giornata nazionale del Braille”
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Superando.it – Portale sulla disabilità e l’inclusione
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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (UICI)
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OrCam: “Giornata Mondiale del Braille: cos’è e perché è importante?”
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Micuro.it: “Il ruolo dell’alfabeto Braille nell’istruzione e nell’autonomia delle persone non vedenti”
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Maria Luisa Gargiulo Blog: “L’alfabeto sotto le dita”