Il Festival di Sanremo ha sempre riflesso i cambiamenti della società italiana. Ha infatti affrontato nel corso delle edizioni molti temi sociali e di attualità. La donazione di organi e il trapianto hanno trovato spazio in modi diversi, dal palco dell’Ariston alle iniziative collaterali, anche se con periodi di grande attenzione alternati a lunghi silenzi.
Quest’anno non si è parlato direttamente di donazione di organi, ma c’è un timido accenno al tema della salute a Casa Sanremo, dove il Ministro Orazio Schillaci ha promosso l’incontro “La prevenzione in dieci note”, con la presenza del direttore artistico Carlo Conti e dell’amministratore delegato RAI Roberto Sergio. È stato firmato un protocollo d’intesa tra RAI e Ministero per potenziare i messaggi sulla salute attraverso le trasmissioni televisive.
In questa edizione, il palco dell’Ariston accoglie anche Francesca Michielin con una storia personale di resilienza. La cantautrice, in gara con “Fango in Paradiso”, ha affrontato nel 2023 un intervento di nefrectomia che l’ha allontanata dalle scene. “Non mi aspettavo l’intervento… il mio corpo non era più quello di prima e non riuscivo più a cantare bene”, ha raccontato, spiegando il suo percorso di recupero tra fisioterapia del respiro e supporto psicologico.
La sua vicenda ha aperto un dibattito sulla salute renale. Il nefrologo Giuseppe Remuzzi ha colto l’occasione per diffondere dalle pagine di Repubblica un messaggio chiaro: “Con un rene solo si vive benissimo”. Il medico ha ricordato come oltre 4.200 persone in Italia abbiano donato un rene da viventi negli ultimi vent’anni, proseguendo poi una vita normale.
Se in un precedente articolo abbiamo analizzato il rapporto tra il Festival e la disabilità visiva, oggi esploriamo come la kermesse ha affrontato il tema della donazione degli organi attraverso gli anni. Una storia fatta di iniziative importanti e occasioni mancate.
Se l’edizione 2025 del Festival resta focalizzata su temi generali di salute e prevenzione, bisogna tornare al 2018 per trovare l’anno in cui la donazione degli organi ha ricevuto la massima attenzione nella storia della manifestazione. Fu un’edizione peculiare, dove Sanremo divenne il palcoscenico di una serie di azioni coordinate che coinvolsero l’intera città.
L’AIDO (Associazione Italiana Donazione Organi) scelse proprio il Festival per lanciare la sua campagna nazionale dei 45 anni di attività. Fu un’iniziativa che trovò il pieno supporto di Claudio Baglioni, allora direttore artistico. l’artista donò all’associazione il suo brano “La vita è adesso”, che divenne l’inno della campagna. Il
maestro Danilo Rea riarrangiò la canzone, convertendola in un messaggio di speranza per chi attende un trapianto. Il testo acquisì un nuovo significato: la vita che ricomincia grazie al trapianto, una seconda opportunità resa possibile dalla generosità dei donatori. La presidente nazionale di AIDO, Flavia Petrin, portò a Sanremo il messaggio della donazione, ricordò per l’appunto agli spettatori come oltre 45mila persone in Italia abbiano ripreso a vivere grazie ai trapianti.
Lo spot della campagna, realizzato dal conduttore Gianni Ippoliti, affrontò il tema con un approccio decisamente innovativo, puntò infatti a sfatare falsi miti sulla donazione. La trasmissione durante il Festival permise di raggiungere milioni di spettatori con informazioni chiare sulla possibilità di donare organi anche in età avanzata.
La campagna, lanciata con l’hashtag #lavitaéadesso, trovò terreno fertile nello spazio Rai per il Sociale all’interno di Casa SIAE. Qui, la presidente Petrin, insieme all’allora vicesindaco di Sanremo Costanza Pireri e al maestro Peppe Vessicchio, illustrò l’importanza di quello che definì “un dono che non costa nulla”. Un messaggio forte, rivolto alle circa 9mila persone che ogni anno attendono un trapianto salvavita in Italia.
Le attività di sensibilizzazione nel 2018 si estesero oltre i confini del Teatro Ariston, coinvolsero persino l’intera città di Sanremo. Le principali associazioni del settore – FIDAS (donatori di sangue), ADMO (donatori di midollo osseo) e AIDO – unirono le forze per creare “Donare è una scelta di cuore”, tre giornate dedicate alla cultura della donazione.
Dall’8 al 10 febbraio, un gazebo informativo allestito nei pressi della statua di Mike Bongiorno divenne punto di riferimento per cittadini e turisti. Qui, volontari e personale sanitario offrivano informazioni sulla donazione di organi e sulla possibilità di iscriversi al registro dei donatori di midollo IBMDR. Il centro raccolta sangue FIDAS di via Manzoni estese i suoi orari di apertura, permettendo a chi lo desiderava di donare sangue o effettuare la tipizzazione per la donazione di midollo.
Gli organizzatori locali riassumevano il senso dell’iniziativa con una frase: “A Sanremo non solo per cantare ma anche per donare con amore”. Il Festival, richiamando migliaia di persone e l’attenzione mediatica nazionale, diventò cassa di risonanza per promuovere la cultura della donazione. Le tre giornate di sensibilizzazione “a 360 gradi” permisero di raggiungere un pubblico ampio e diversificato, creando così occasioni di dialogo diretto con i cittadini.
Il coinvolgimento delle tre associazioni evidenziò come la donazione di organi si inserisca in un contesto più ampio di solidarietà. La presenza in città di punti informativi e la possibilità di compiere azioni immediate, come la donazione del sangue, trasformarono le buone intenzioni in gesti reali.
Le iniziative del 2018 a Sanremo dimostrarono il potenziale della musica come veicolo per promuovere la donazione degli organi. Ma questo tentativo di unire arte e solidarietà aveva radici più profonde nella storia del Festival. Nel 2012, durante l’edizione condotta da Gianni Morandi, il quotidiano Avvenire propose un’idea innovativa: portare sul palco dell’Ariston il brano “Vivo con te”, composto dal musicista Andrea Mercurio. La canzone raccontava la storia di due giovani sardi uniti da un trapianto, e avrebbe potuto trasmettere un messaggio di altruismo a milioni di spettatori. Pur non entrando nel programma ufficiale, questa proposta evidenziò come la stampa e la società civile vedessero nel Festival un potenziale palcoscenico per temi così delicati.
Due anni prima, nel 2010, il mondo musicale italiano aveva già sperimentato un progetto dedicato alla donazione: “Ti amo anche se non so chi sei”. L’iniziativa, nata sotto la supervisione artistica di Franco Battiato, prendeva spunto dall’esperienza personale dell’autore Roberto Ferri, trapiantato di fegato. L’album riuniva le voci di numerosi artisti italiani, molti dei quali avevano calcato il palco di Sanremo, con l’obiettivo di contrastare il calo delle donazioni attraverso il linguaggio universale della musica.
L’idea di utilizzare le canzoni per sensibilizzare il pubblico sulla donazione degli organi ha trovato nel tempo diversi sostenitori. Varie testate giornalistiche hanno appoggiato proposte per trasformare la competizione canora in un’occasione di riflessione sociale. Il direttore di Avvenire, nel suo editoriale del 2012, sottolineava come il Festival potesse diventare un momento per raccontare storie di rinascita attraverso il trapianto.
Il rapporto tra Sanremo e i temi sociali ha vissuto un’evoluzione costante. Se nelle prime decadi prevalevano canzoni d’amore e di evasione, dagli anni ’80 il palco dell’Ariston ha accolto brani con messaggi più impegnati. Il tema della donazione di organi, però, ha trovato difficoltà a inserirsi nella gara canora, trovando spazio principalmente nelle iniziative collaterali o negli eventi paralleli alla manifestazione.
Oltre ai progetti dedicati alla donazione, la storia del Festival si intreccia con le vicende personali di artisti che hanno affrontato malattie renali e trapianti. Una delle storie più toccanti è quella di Lucio Battisti, che partecipò al Festival nel 1969 con “Un’avventura” e firmò altri brani sanremesi come autore. Negli ultimi anni della sua vita, Battisti affrontò una grave malattia renale: gli fu diagnosticata una glomerulonefrite che lo costrinse alla dialisi a giorni alterni. Il suo tentativo di trapianto a Parigi, purtroppo non riuscito per un rigetto, e il suo ritorno alla dialisi rimasero nell’ombra fino alla sua scomparsa nel 1998, ma oggi raccontano la storia di uno dei più grandi artisti italiani alle prese con una battaglia comune a migliaia di persone.
La figura di Tina Turner ha messo in luce un altro aspetto di questo legame tra musica e trapianto. Più volte superospite a Sanremo negli anni ’70 e ’80, l’artista portò sul palco dell’Ariston la sua energia travolgente. Anni dopo, avrebbe affrontato una grave insufficienza renale che la portò alla dialisi e, nel 2017, a un trapianto di rene grazie alla donazione del marito. La sua storia con la malattia renale, avvenuta solo dopo molti anni dalle le sue esibizioni sanremesi, racconta come il tema del trapianto tocchi anche le più grandi star della musica.
Il mondo degli autori sanremesi ha vissuto esperienze simili. Il celebre paroliere Mogol, firma di innumerevoli successi del Festival, nel 2010 donò un rene al figlio affetto da insufficienza renale. Una storia di amore paterno e donazione che, pur non essendo mai stata raccontata sul palco dell’Ariston, ha toccato uno dei protagonisti della musica italiana.
Il Festival ha visto passare dal suo palco anche Alex Baroni, giovane interprete che partecipò a Sanremo Giovani negli anni ’90. La sua tragica scomparsa nel 2002 in un incidente stradale si trasformò in un gesto di speranza: la famiglia scelse di donare i suoi organi, contribuendo a salvare altre vite. La sua vicenda scosse l’opinione pubblica dell’epoca, portando molti fan a riflettere sull’importanza della donazione.
Le storie di questi artisti, pur non essendo state raccontate direttamente sul palco dell’Ariston, hanno contribuito a creare consapevolezza sul tema del trapianto e della donazione. I loro percorsi di vita dimostrano come queste esperienze uniscano star internazionali, cantanti emergenti, autori e artisti affermati in un racconto comune di sfide, speranza e rinascita.
L’analisi del rapporto tra Sanremo e il tema della donazione degli organi ci rivela un paradosso interessante: il Festival, che ogni anno catalizza l’attenzione di milioni di italiani, non ha ancora espresso appieno il suo potenziale come veicolo di sensibilizzazione su questo tema cruciale. Se pensiamo che ogni anno circa 9.000 persone attendono un trapianto in Italia, l’impatto che cinque serate di diretta nazionale potrebbero avere sulla cultura della donazione appare evidente.
L’edizione 2018 ha dimostrato come il Festival possa diventare un catalizzatore di iniziative sulla donazione, coinvolgendo città, associazioni e artisti. Ma quella formula vincente non è stata replicata negli anni successivi. Il mondo della musica ha le risorse espressive per raccontare storie di trapianto e donazione: lo dimostrano i progetti come “Ti amo anche se non so chi sei” e le proposte come “Vivo con te”. Manca però il coraggio di portare questi racconti sul palco più importante della musica italiana.
Le storie di Battisti, Turner e degli altri artisti che hanno affrontato malattie renali potrebbero aprire un dialogo più ampio con il pubblico. Il Festival potrebbe essere un megafono con la capacità di trasformare vicende personali in messaggi universali, come già fa per altri temi sociali. La donazione degli organi non è semplicemente una mera questione medica: è un atto di generosità che intreccia vite diverse, proprio come le canzoni intrecciano parole e musica per toccare il cuore delle persone.
Il futuro del Festival potrebbe vedere una presenza più strutturata di questi temi: non limitiamoci solamente alla diffusione della donazione attraverso campagne collaterali, ma cominciamo a progettare spazi dedicati durante le serate, brani in gara che raccontino storie di trapianto, momenti di testimonianza diretta. L’esempio di AIDO nel 2018 indica una strada possibile: unire entertainment e sensibilizzazione, senza perdere la leggerezza che caratterizza la manifestazione.
In fondo, il Festival di Sanremo è sempre stato uno specchio dell’Italia, capace di catturare e amplificare i cambiamenti della società. La sfida oggi è dare voce a chi attende un trapianto e a chi ha scelto di donare, bisogna far diventare, per qualche minuto, il palco dell’Ariston un ponte tra arte e solidarietà. Perché la musica, come la donazione degli organi, ha il potere di dare nuova vita.